Julio López
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Entrevista a Marco Ferrando, de Rifondazione Comunista
Por Valderrama - Monday, Feb. 13, 2006 at 10:35 AM

Entrevista al candidato a senador Marco Ferrando, de Progetto Comunista, corriente trotskista del Partito della Rifondazione Comunista de Italia. La entrevista fue publicada hoy, lunes 13 de febrero de 2005, por el Corriere della Sera, después de una violenta discusión de Ferrando con Bertinotti, secretario de Rifondazione Comunista y del avispero levantado dentro de la Unione de Prodi y de Rifondazione Comunista misma por las opiniones de Ferrando sobre la cuestión palestino-israelí.

La entrevista está en italiano. Sepan disculpar los que no entiendan este iduoma. Si tengo algo de tiempo trataré de traducir por lo menos las opiniones más importantes de Ferrando, con quien no concuerdo respecto a su accionar político actual pero sí con muchas de sus consideraciones sobre la cuestión medio oriental y de todas maneras merece solidaridad por el linchaje ideológico al que seguramente lo someterán dentro y fuera de su partido.
Valderrama


«Sparare ai nostri soldati? Un diritto degli iracheni»
Ferrando: Nassiriya fu un caso di resistenza armata


(Corriere della Sera, lunedì 13 febbr., p. 8)


ROMA- Allora, si candida?
«Con Bertinotti c'è stato un chiarimento».
Nel senso che ha fatto marcia indietro sul Medio Oriente? Bertinotti l'ha avvertita: ci sono limiti insuperabili. E Fassino dice che se non rettifica, lei potrebbe anche saltare...
«La situazione non è cambiata. Io rispetto la posizione della maggioranza di Rifondazione. Ma continuerò a dare battaglia nel partito, perché le mie convinzioni rimangono».
Quali? Quelle su Israele-creatura- artificiale e su Prodi-maggiordomo- dalle-banche?
«Sono quindici anni che dico queste cose. Ho scritto valanghe di documenti. Leggetevi quelli».
Basta cliccare. Enciclopedia Wikipedia, vedi alla voce «Marco Ferrando (Genova, 1955), dirigente politico».
Ex bordighista, già bolscevico-leninista, poi demoproletario. Trotzkista:
«... Nel Prc ha come capisaldi programmatici la critica alla maggioranza di Bertinotti e alla non-violenza (assunta dalla maggioranza stessa come metodo di lotta)... ».
Critica alla non-violenza? Una volta se l'è presa perfino col povero Gandhi, servo degli imperialisti contro gli zulu...
«Il 41% di Rifondazione, non solo io, critica il metodo non-violento. I popoli oppressi devono esercitare la lotta per l'emancipazione con strumenti adatti e non possono costruire il futuro in base a un astratto pregiudizio filosofico. Anche perché dall'altra parte ci sono sempre grandi poteri che usano la violenza. Però sia chiaro: noi siamo contro forme di lotta come il terrorismo ».
Intifada sì, kamikaze no?
«Sta scherzando? Noi sosteniamo tutte le intifade, le grandi sollevazioni dal Medio Oriente all'America Latina. Intifade che naturalmente non sono dei pranzi di gala».
E la resistenza irachena?
«Questione più complessa. C'è un diritto sacrosanto all'autodeterminazione e a resistere a forze d'occupazione militare che stanno lì per interessi colonialistici. Poi ci sono diverse concezioni, tra movimenti di resistenza popolare e fondamentalisti. E la resistenza popolare armata è cosa diversa dal terrorismo contro la popolazione civile».
Il terrorismo contro i civili. Ma contro i militari?
«La lotta armata contro l'occupazione militare è giusta. Noi siamo per la fusione della rivolta contro l'occupazione straniera imperialistica e le lotte sociali dei lavoratori iracheni».
Quindi è giusto sparare anche sui soldati italiani?
«Noi siamo per la rivendicazione del diritto alla sollevazione popolare irachena contro le nostre truppe. Tutti gli episodi in cui ci sono stati nostri caduti, rientrano in tutto e per tutto nelle responsabilità d'una missione militare al servizio dell'Eni ».
Lei sta dicendo che i nostri soldati morti a Nassiriya erano servi dell'Eni.
«Questo l'ha detto un documento riservato prodotto dal ministero delle Autorità produttive di Antonio Marzano, sei mesi prima della guerra, in cui si sosteneva un interesse attivo dell'Eni ad andare a Nassiriya perché lì c'era la partita del petrolio. E questa è la posizione del 41% di Rifondazione, che non è soddisfatto del programma dell'Unione: dall'Iraq ci si deve ritirare e basta, senza condizioni. Io sono contro qualsiasi missione militare all'estero, nei Balcani come in Afghanistan, con o senza Onu».
Ma a Gaza o in Bosnia, i nostri vigilano su accordi di pace...
«Non esistono interventi militari umanitari o sopra le parti. Sono sempre funzionali a interessi di parte».
Su Israele, non teme d'essere paragonato a uno come l'iraniano Ahmadinejad
«Ma che cosa dice? Io sto agli antipodi! Non civetto con posizioni antisemite. La rivolta del Ghetto di Varsavia fu fatta anche da trotzkisti. In Israele ci sono amici ebrei che sostengono le nostre posizioni. Molti compagni hanno subìto in Iran galera e torture. Io difendo il diritto degli ebrei all'autodeterminazione. E Hamas è una seria ragione di preoccupazione per i palestinesi. Questo però non toglie che Israele sia uno Stato artificiale. E le mie critiche sono alla sua forma profondamente confessionale, al primato aggressivo del suo apparato militare, al fattore propulsivo del suo espansionismo, alla negazione dei diritti di ritorno e perfino di voto della maggioranza araba».
Lei definisce Prodi amico della Fiat e delle banche. Attacca il centrosinistra di Illy e di Soru. Ma perché si candida con loro?
«I 5 punti di cuneo fiscale citati da Prodi sono la stessa cosa che vuole Montezemolo. E i meriti di Soru, quando gli Usa hanno lasciato le basi in Sardegna, sono solo il sottoprodotto di una lunga lotta di popolo».
Vendola le piace, almeno?
«È bravissimo. In Puglia ha fatto una battaglia con Fitto sulla sanità. Ma ora gestisce un piano sanitario stretto da logiche di centrodestra».
Ma ci sarà almeno una cosa che l'accomuna a Prodi, ai Ds, all'Unione...
«Sì: ci siamo impegnati a cacciare Berlusconi. Ma questa cacciata deve avvenire sulle ragioni deimovimenti popolari, non nell'interesse delle grandi imprese ».
Sarà mica vero, come dice il Cav., che a unirvi è solo l'odio contro di lui?
«Berlusconi vede comunisti ovunque. Purtroppo, non siamo ovunque».

Francesco Battistini, 13 febbraio 2006

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Traducción
Por Valderrama - Wednesday, Feb. 15, 2006 at 8:07 AM

Traducción de las opiniones con las cuales está de acuerdo gran parte de la izquierda italiana no tradicional y la corriente Progetto Comunista de Rifondazione Comunista, aunque no comparta el accionar de Marco Ferrando de los últimos tiempos:

Ferrando: (...) mis convicciones siguen siendo las mismas.

Pregunta: ¿Cuáles… las que ven a Israel como a un estado artificial y a Prodi como el mayordomo de los bancos?

Ferrando: Hace quince años que vengo diciendo estas cosas. He escrito muchísimos documentos. Léanlos. Basta un clik en Wikipedia: “Marco Ferrando (Génova, 1955), dirigente político)
Ex bordiguista, ex bolchevique-leninista, luego demoproletario. Trotzkista. En el PRC ha asumido como puntos fundamentales de su programma la crítica a la mayoría de Bertinotti y a la no-violencia.” El 41% de Rifondazione (Comunista), no solo yo, critica el metodo no violento. Los pueblos oprimidos deben ejercitar la lucha por la emancipación con instrumentos adecuados y no pueden construir el futuro en base a un abstracto prejuicio filosófico. También porque del otro lado hay siempre grandes poderes que usan la violencia. Pero que quede claro: estamos en contra de formas de lucha como el terrorismo.

Pregunta: Intifada sí, kamikazes no?

Ferrando: ... Nosotros apoyamos todas las intifadas, las grandes rebeliones en Medio oriente y en America latina. Intifadas que, por supuesto, no son tratados de urbanidad.

Pregunta: ¿Y la resistencia irakí?

Ferrando: Ahí la cuestión es más compleja. Existe un derecho sacrosanto a la autodeterminación y a la resistencia a las fuerzas de ocupación militar que están allí por intereses colonialistas. Pero hay diferentes concepciones entre los movimientos de resistencia popular y los fundamentalistas. Y la resistencia popular armada es algo muy diferente del terrorismo contra la población civil.

Pregunta: ... ¿y contra los militares?

Ferrando: La lucha armada contra la ocupación militar es justa. Nosotros estamos por la fusión de la rebelión contra la ocupación extranjera imperialista y las luchas sociales de los trabajadores irakíes.

Pregunta: ¿Por lo tanto es justo disparar contra los soldados italianos?

Ferrando: Nosotros reivindicamos el derecho a la rebelión popular contra nuestras tropas. Todos los episodios en los cuales hubo caídos entre nuestros soldados, hacen parte de la responsabilidad de una misión militar al servicio del Eni (la empresa italiana de energía)

Pregunta: ¿Usted está dicendo que nuestros soldados muertos en Nassiriya eran siervos del Eni?

Ferrando: Esto lo decía ya, seis meses antes de la guerra, un documento reservado del Ministerio de la Producción en el cual se hablaba de un interés activo del Eni en ir a Nassiriya porque allí estaba en juego el petróleo. Y esta es la posición del 41% de Rifondazione, que no está satisfecho con el programa de la Unione: de Irak hay que retirarse y basta, sin condiciones. Estoy en contra de todo tipo de misión militar en el exterior, en los Balcanes como en Afganistán, con o sin las Naciones Unidas.

Pregunta: Pero en Gaza y en Bosnia nuestros soldados garantizan que se cumplan los acuerdos de paz.

Ferrando: No existen intervenciones militares humanitarias o neutrales. Son siempre funcionales a intereses de parte.

Pregunta: Sobre Israel, ¿no teme ser comparado a uno como el iraní Ahmadinejad

Ferrando: ¿Pero qué está diciendo? Estamos a las antípodas. Yo no le hago la corte a posiciones antisemitas. La rebelión del ghetto de Varsovia fue hecha también por los trotskistas. En Israel hay compañeros que sostienen nuestras mismas posiciones. Muchos compañeros han sufrido en Irán la cárcel y las torturas. Yo defiendo el derecho de los judíos a la autodeterminación. Y Hamas es un serio motivo de preocupación para los palestinos. Lo cual no cambia el hecho que Israel es un estado artificial. Y mis críticas son a su forma profundamente confesional, al primado agresivo de su aparato militar, al factor propulsor de su expansionismo, a la negación del derecho al retorno y hasta al voto de la mayoría árabe.

Pregunta: Usted define a Prodi amigo de la Fiat y de los bancos. Ataca a la centro-izquierda de Illy y Soru... ¿por qué se candidatea con ellos? (...) habrá algo que lo une, ¿no?

Ferrando: Sí: nos hemos comprometido a echar a Berlusconi. Pero esto debe suceder apoyándose en las razones de los movimientos populares, no del interés de las grandes empresas.

Pregunta: ¿No será por casualidad verdad que, como dice Berlusconi, lo que los une es el odio contra él?

Ferrando: Berlusconi ve comunistas hasta en la sopa. Desgraciadamente no estamos en todas partes.

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