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Benetton disobbediente...
Por quelli della Campagna Contro Benetton - Saturday, Nov. 08, 2008 at 5:40 PM

La Campagna Contro Benetton, la non-campagna che alcuni anarchici hanno portato avanti per alcuni anni e che, come sempre trattandosi di refrattari al sistema, è finita in diverse aule di giustizia, viene tirata in ballo -suo malgrado- da un libro, da poco in circolazione.

Il libro in questione è: "United Business of Benetton - Sviluppo insostenibile dal Veneto alla Patagonia", Pericle Camuffo, Stampa Alternativa, agosto 2008.

Già dalla dedica a tutti i "disobbedienti" si capisce subito qual è l'orizzonte culturale dell'autore e poi la lettura è tutta tesa a dimostrare l'unica via possibile se si vuole lottare contro delle multinazionali. In effetti, il ruolo centrale è occupato dall'associazione Ya Basta, quella che ha finanziato una radio per i mapuche.

Per il resto, il libro è ben documentato, ripercorre nei dettagli tutte le prime critiche, le contestazioni all'Impero Benetton, la terziarizzazione, le subforniture, la dislocazione all'estero, l'antisindacalismo.

In seguito, da un copia ed incolla da siti web in disuso, ecco che spuntano stralci dei comunicati e degli articoli della Campagna Contro Benetton. Ma s'intende che il disobbediente prende le distanze da metodi quali (pg. 39): "azioni locali di boicottaggio, di sabotaggio, di disinformazione e anche di microterrorismo."

Viene anche riportato il comunicato con il quale s'è chiusa la Campagna, ovvero quando i Mapuche sono venuti in Italia a dialogare con Benetton, alla presenza di Veltroni, Minà e compagnia bella. Quel viaggio è stato finanziato da organizzazioni italiane di sinistra, pronte a cavalcare l'ennesima causa perduta, ma stando bene attenti a non sporcarsi le mani da noi.

Eravamo e siamo contrari al dialogo, a maggior ragione in quelle circostanze, ovvero quando i Mapuche erano in una palese situazione di debolezza. Tant'è che una volta tornati in Argentina si sono visti costretti ad occupare di nuovo il terreno conteso ai Benetton.

Ma nel momento in cui il Camuffo affronta il conflitto Mapuche-Benetton ecco che spuntano fuori degli errori madornali, che non possono esser solo dovuti ad una scarsa dimestichezza con lo spagnolo. No, ci pare che sotto ci sia qualcos'altro.

Errori

- Pagina 138: "Veronica Huillipán, Mapuche di etnia Werkén".

Werkén in lingua mapuche significa "messaggero, portavoce", in effetti Veronica è portavoce di una organizzazione mapuche. Non esiste alcuna etnia Werkén!


- Pagina 141: "Poco dopo Atilio fu assunto in una fabbrica di frigoriferi".

Falso, Atilio della Comunità mapuche Santa Rosa ha lavorato in uno stabilimento per il trattamento-conservazione delle carni e delle pelli, in spagnolo questi stabilimenti vengono chiamati "frigoríficos". Non ci sono fabbriche di frigoriferi ad Esquel, in Patagonia!


Pagina 121: "Entrati nell'attuale Argentina alla fine del secolo XVI, i Mapuche hanno sottomesso l'etnia Tehuelche". Falso, non ci sono prove che sostengano questa tesi razzista. Non solo, ma questa è la tesi portata avanti da un antropologo argentino, tal R. Casamiquela, non a caso direttore scientifico del museo Leleque, ovvero il museo che Benetton ha aperto in Patagonia sottraendo reperti ai mapuche. Sostenere questa tesi significa avallare lo sterminio etnocida dell'esercito argentino alla fine dell'800, significa dare un fondamento giuridico al milione di ettari di terreno patagonico in mano a Benetton.

Al contrario, i Mapuche sostengono che non c'è mai stata questa sottomissione e che trattandosi di popoli semi-nomadi non aveva proprio senso parlare di confini territoriali e di invasioni. Tant'è che oggi ci sono organizzazioni che si rivendicano come Mapuche-Tehuelche.


Occhio, noi non siamo dei censori delle attività altrui, nemmeno dei filologi della protesta. No, se segnaliamo questi errori lo facciamo per una ragione molto semplice. Questi italiani, che vanno in paesi lontani senza togliersi i paraocchi ideologici, non sono capaci di percepire determinati fenomeni, delle peculiarità tipiche di popoli che solo da poco hanno a che fare con il nostro modo di vedere-affrontare le cose.

Non si capisce come gli stessi personaggi alla ricerca di avventure esotiche riescano a mettere insieme lotte ben diverse, come quella palestinese, quella zapatista o questa mapuche; il tutto nel nome dell'autodeterminazione dei popoli, dell'antiglobalizzazione e magari perché no, della lotta al precariato!

In Patagonia i disobbedienti italioti hanno già realizzato quattro carovane, continuando questo dialogo tra sordi. Gli uni, i rivoluzionari disobbedienti con gli euro in tasca, gli altri, gli sfigati che faticano a mettere su un pranzo. Ben sapendo che, alla fine della vacanza, tutto torna come prima.

Proprio lì, dove a poche centinaia di chilometri i mapuche sono impegnati in un conflitto armato che ha come vie d'uscita o una morte in combattimento o una lunga prigionia. Proprio lì, dove giunge l'eco degli scoppi dinamitardi dell'effervescente movimento anarchico cileno!

Ma alla fine il Camuffo ha ragione, le campagne contro le multinazionali vanno condotte così, con tante parole, un po' di spettacolo e dialogo, dialogo...

Noi anarchici mai potremmo affrontate una campagna del genere, per noi è inconcepibile sederci e trattare con chi sfrutta, inquina e reprime.

quelli della Campagna Contro Benetton

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